Tre grandi catecheti

Ora che don Pietro Damu li ha raggiunti, sono nuovamente uniti nell’abbraccio dell’amicizia i tre catecheti che hanno segnato con la loro attività la Chiesa italiana del post Concilio.

Segretario del Centro Catechistico

□ Dopo don Bartolino Bartolini e Guerrino Pera, legatissimi a Dossier Catechista e già accolti dall’amore di Dio, nei mesi scorsi ci ha lasciati anche don Pietro Damu, che negli ultimi mesi si era trasferito nella sua Sardegna per curarsi meglio e per essere più vicino ai parenti che gli erano affezionatissimi. Don Pietro è stato a lungo dinamico segretario del Centro Catechistico Salesiano, sempre accompagnato dalla fama di essere un infaticabile e creativo collaboratore nel campo dell’editoria, esperto in catechesi, aperto e sensibilissimo alle istanze pastorali del nostro tempo e alle indicazioni della Chiesa.

Fondatore di Dossier Catechista

□ In stretta collaborazione con don Bartolino Bartolini, trent’anni fa don Damu ha inventato la rivista Dossier Catechista, nata in collegamento con la storica rivista Catechesi, per dare ai catechisti un sussidio pratico e immediatamente utilizzabile. La geniale invenzione gli ha dato ragione, poiché la rivista ha ottenuto sin dall’inizio una straordinaria diffusione.

□ Don Damu è stato costretto dalla malattia a lasciare pezzo dopo pezzo ciò che lui aveva creato con grande passione, ma non l’ho mai visto amareggiato o deluso, sempre ancora disponibile, pur con fatica, a scrivere ciò che gli era possibile per proseguire in qualche misura la sua attività di cui aveva conservato la competenza.

Tutti e tre inventivi e infaticabili

□ Il Paradiso li vede ora riuniti, dopo decenni di attività senza sosta. Un successo straordinario don Bartolini e don Damu lo hanno ottenuto nei decenni del post Concilio con la pubblicazione dei tre volumi di «Progetto uomo», proposti per l’ora di religione in gran parte delle scuole italiane.

□ Don Bartolini è poi subentrato a don Damu nella direzione di Dossier Catechista e l’ha diretta per un decennio, raddoppiando il numero degli abbonamenti.

□ Entrambi si sono serviti a lungo dell’attività pittorica del salesiano Guerrino Pera, sia per la rivista che per un’infinità di sussidi per la catechesi editi dalla Elledici.

Creativi e perfettamente integrati 

□ Era impressionante la dinamicità e l’entusiasmo che questi tre catecheti riuscivano a trasmettere quando organizzavano o intervenivano nei vari convegni che hanno organizzato per i catechisti. Erano competenti, ma sapevano trasmettere le loro idee con vera passione, in perfetta integrazione reciproca, servendosi della parola, ma anche delle immagini che insegnavano a leggere con gusto e profondità.

□ Potremmo dire che don Damu fu l’iniziatore e l’uomo dei progetti, don Bartolini il fantasista creatore, capace di coinvolgere i catechisti nella sua passione per l’attività catechistica, e Guerrino Pera il magnifico collaboratore che ha messo a disposizione la sua arte pittorica per arricchire di immagini i contenuti che insieme intendevano trasmettere.

□ Di loro conserviamo il ricordo più vivo, continuando oggi a impegnarci nelle cose in cui essi hanno creduto e per le quali sono vissuti.

UMBERTO DE VANNA

La nostra Babele

A partire dalla copertina di Dossier Catechista, la catechista Luisa improvvisa un dialogo con i propri ragazzi. Un incontro ben riuscito.

Un’immagine forte

Luisa ha l’occhio clinico. È bastato uno sguardo al gruppo, all’ingresso, per notare Luca e Filippo, amicissimi, distanti e imbronciati. Così, prima di iniziare l’incontro, appoggia sul tavolo l’ultimo numero di Dossier Catechista. Angelica, colpita dai colori accesi della copertina, è curiosa.

«Che cos’è?», chiede indicandola. Luisa alza la rivista affinché tutti possano vederla e rilancia: «Secondo voi?».

«C’è gente che lavora», dice Gianni. «Sì, ma sono tutti arrabbiati», esagera Toni. «Al fondo c’è una grande costruzione», nota Aurora. «Ma se litigano non verrà fuori granché», conclude Erika.

Luisa dà un indizio. «È il disegno di una storia della Bibbia».

«La torre di Babele!», urla Fulvia, come se avesse aperto il pacco vincente ad Affari tuoi.

Senza capirsi più

Non tutti conoscono la vicenda, ma è presto raccontata: gli uomini sfidano Dio nel costruire una torre alta fino al cielo, senza riuscirci. Parlano lingue diverse e non si capiscono più.

«Ma è una delle storie del mio videogioco preferito!». Giorgio si è svegliato.

«Sì, ma è roba vecchia. Oggi si fanno grattacieli altissimi!», minimizza Andrea.

«Eppure, anche quelli non riescono a toccare il cielo», ragiona Federica.

«Già». Luisa prova a spiegare. «All’autore non interessano tanto le costruzioni. Vuol dirci che gli uomini a volte si mettono al posto di Dio, pretendendo di dominare la natura e gli altri».

Al gruppo vengono in mente episodi di terrorismo, guerra, razzismo. L’umanità ha ancora tanta strada da fare!

Un messaggio per noi

«Questo racconto può insegnare qualcosa anche a noi?», stimola Luisa.

«Sì – risponde subito Aurora -. Come quando uno dice delle cose brutte e cattive a un altro».

«Io gli darei un bel pugno», sbotta Andrea.

«Peccato che da un pugno ne nascono altri cento, se tutti risolvono i problemi con le mani», dice Luisa, convincente: «Piuttosto, avete notato che tutti gli insulti sono bugie? Cosa ne sappiamo della vita di un altro, per giudicarlo o definirlo stupido? Anche se parliamo la stessa lingua, difficilmente capiamo i motivi delle sue azioni».

Luca e Filippo finalmente si stanno guardando. Sembrano toccati dal discorso.

Lo Spirito della pace

«E se abbiamo sbagliato, come possiamo rimediare?», insiste Erika.

«Nella Bibbia il peccato di Babele trova la risposta il giorno di Pentecoste: si trova la pace lasciandosi guidare dallo Spirito di Dio. Quando smettiamo di parlarci e di comprenderci, ci perdiamo soltanto noi. Quando sappiamo chiedere scusa, possiamo ricominciare».

Uscendo, Luisa segue Luca e Filippo con lo sguardo. Una stretta di mano scongela il loro sorriso. Sorride anche lei, sperando che anche nel mondo degli adulti si faccia così.

Pierfortunato Raimondo

PER L’APPROFONDIMENTO

□ «Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come pesci, ma non abbiamo ancora imparato a vivere come fratelli» (M. Luther King). Perché è così difficile? Quali ostacoli e scuse troviamo?

□ Babele/Babilonia nella Bibbia sono simboli del male, che si manifesta nell’incomunicabilità. Ma quale ne è la causa? L’indifferenza? L’ignoranza? La distanza da Dio? L’egoismo?

□ Quali messaggi del mondo degli adulti distolgono i ragazzi dalla costruzione di rapporti rispettosi e amichevoli? Come possiamo educarci ai valori evangelici?

A proposito di iniziazione cristiana

Le diocesi di Roma e Milano presentano situazioni analoghe, le stesse difficoltà e problematiche nell’accompagnare i ragazzi all’iniziazione cristiana. Come immaginare una adeguata «pastorale catechistica».

Roma: comunità e famiglia per l’iniziazione cristiana

□ Nel mese di giugno la diocesi di Roma ha tenuto un Convegno pastorale sul tema: Un popolo che genera i suoi figli. Comunità e famiglia nelle grandi tappe dell’iniziazione cristiana.

□ Il cardinale vicario Agostino Vallini ha accolto papa Francesco, che ha portato ai partecipanti il suo saluto, e ha ricordato che il Vicariato romano, dopo aver dedicato una prima tappa alla pastorale del Battesimo e al coinvolgimento delle famiglie nei primi anni che seguono, ha portato quest’anno l’attenzione sulla Confermazione e l’Eucaristia.

□ Mons. Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio catechistico, ha manifestato apprezzamento per la positiva riuscita del Convegno, ma ha lasciato nello stesso tempo qualche dato problematico: «Ci sarà tempo per riflettere su quanto è emerso e formulare una proposta diocesana sul rinnovamento dell’iniziazione cristiana», ha detto, concludendo: «Basti pensare, ad esempio, che il 40% dei ragazzi che fanno la prima Comunione non si iscrivono poi al catechismo per la Cresima».

Milano: comunità educanti per incontrare davvero Gesù

□ L’arcivescovo cardinal Scola, intervenendo con una nota pastorale sul tema della «Comunità educante», che ha coinvolto a lungo la diocesi di Milano, ha constatato che le «oggettive difficoltà» che incontra la Chiesa nel suo compito di evangelizzazione dipendono dal «contesto di frammentazione in cui viviamo».

□ Pensando in particolare ai più piccoli, impegnati nel percorso di iniziazione cristiana, l’arcivescovo ha osservato che «i nostri ragazzi passano ogni giorno dalla famiglia alla scuola, allo sport, alla musica, all’oratorio, al catechismo, attraversano comparti stagni senza potersi ancorare a un filo rosso che unifichi la loro giornata».

□ E sugli incontri di catechismo ha aggiunto: «Al di là della dedizione encomiabile di decine di migliaia di educatori, i ragazzi sentono il catechismo come una sorta di doposcuola che li porterà al traguardo della Confermazione, giocoforza inteso dalla maggioranza con il termine di un percorso».

 

□ In queste due esperienze troviamo esposto chiaramente il nuovo contesto in cui siamo chiamati ormai a mandare avanti la nostra missione di catechisti. Ma riteniamo positivo questo guardare con molto realismo alla situazione, per individuare itinerari nuovi e più mirati. Se la catechesi ‒ pur con le difficoltà nuove che incontra ‒ è una delle realtà più positive della Chiesa italiana, ha però sicuramente bisogno di essere inserita meglio nella vita pastorale della comunità parrocchiale.

□ Scrive il catecheta André Fossion che la catechesi ha certamente bisogno di una spiegazione della fede appropriata, giusta e pertinente per la vita, ma che questo non è sufficiente. «Per dare credito e sostanza ai contenuti, sono anche necessarie le esperienze di vita, gli incontri con persone significative… Si parla, giustamente, di pastorale catechistica».

FOTO IN ALTO. Il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano.

Umberto De Vanna

Dossier Catechista in famiglia

Nel numero di maggio la lettera di una catechista ci suggerisce una proposta che può rivelarsi straordinariamente utile per accompagnare anche i genitori nella nostra catechesi.

Per coinvolgere i genitori

□ Scrive don Giulio dalla Sardegna: «Ho letto la lettera di Silvana di Piacenza (Coinvolgere i genitori, Dossier Catechista maggio 2015) Che bella idea! Ha ragione Silvana, è giusto che i papà e le mamme conoscano ciò che facciamo a catechismo, tanto più che è così difficile incontrarli in parrocchia! Mettere nelle loro mani Dossier Catechista è uno dei modi più semplici per far capire quanta importanza diamo alla catechesi e quali obiettivi ci proponiamo per far crescere i loro figli, obiettivi che anche loro sono chiamati a condividere».

Si mostrano interessati

□ Ringraziamo don Giulio, che ci passa questa buona idea, alla quale non avevamo pensato. Soprattutto perché – come scriveva la catechista Silvana – siamo certi che i genitori spesso appaiono molto interessati nel vedere e conoscere le idee che presentiamo quando facciamo catechesi ai loro figli.

Per riprendere in mano la propria fede

□ Varie volte negli ultimi anni abbiamo affrontato temi dedicati alla famiglia, ma dal mese di settembre di questo nuovo anno catechistico dedichiamo espressamente ai genitori le pagine 40-41 di ogni numero di Dossier Catechista.

□ Ma riteniamo che molto di ciò che viene pubblicato nella rivista può sensibilizzare i genitori a tematiche che li aiutano a vivere o a riscoprire la loro fede e li sollecitano ad accompagnare i loro figli verso un mondo a loro sempre più sconosciuto, quello delle tematiche ecclesiali e bibliche.

La questione pratica

□ Lo sappiamo tutti, viviamo in un periodo di crisi sociale ed economica profonda e forse ci ripugna far spendere del denaro alle famiglie. Ma se ci pensiamo, dal momento che per ogni cinque abbonamenti fatti ne viene aggiunto uno in omaggio, ogni abbonamento – nel caso che gli abbonamenti siano almeno cinque – viene a costare poco più di 10 euro per un anno: una cifra accessibile a tutti, anche alle famiglie, non solo ai catechisti.

Sfogliatene le pagine nei vostri incontri

□ Certo sarebbe bello che il parroco e i catechisti si servissero poi delle pagine di Dossier Catechista nei loro incontri con i genitori. Molti argomenti potranno essere letti e approfonditi insieme, dall’articolo biblico alla formazione della coscienza; dal «tema del mese», che affronta sempre tematiche centrali, al dialogo che l’esperta in catechesi affronta ogni mese con i catechisti.

UMBERTO DE VANNA

La prima volta di Gesù al Tempio

La catechista Luisa alla presa con il suo gruppo di ragazzi. Si parla di un Gesù della loro stessa età e sembrerebbe facile affrontare questo argomento. Ma non è detto che sia così…

Un quadro d’altri tempi

«Che ci fa un bambino dagli occhi azzurri in un mercato arabo?», esordisce Tony, che è già stato in Terrasanta. E Filippo: «Quello al centro assomiglia a Terence Hill, ma da giovane!». Risata generale.

Enrica, visto il contesto, immagina sia una scena della Bibbia. Ma non le dice nulla una famiglia che compra… «Cosa? Dei dischi di… pane?». Ci vuole proprio un aiutino. «Non siamo al mercato, ma dentro al Tempio di Gerusalemme», chiarisce Luisa.

«Ah…» ─ ad Aurora si accende la lampadina – «Allora quel bambino è Gesù!». Vero.

«E quei due sono Maria e Giuseppe», aggiunge Margherita.

«E Terence Hill è il panettiere», conclude Filippo.

Vuole conoscere qualcosa di più su Dio

«Vi ricordate cos’è successo a Gesù?», insiste Luisa.

«Sì, si è perso». I ricordi di Andrea sono un po’ confusi. «No, l’ha fatto apposta», lo corregge Veronica. «Mi sa che l’ha fatta grossa. Si vede che ha la faccia da furbetto», nota Enrica.

Luisa raccoglie le idee: Gesù si è fermato nel Tempio. Ma perché?

«Lui che era super intelligente, voleva interrogarli tutti». Beppe ne è convinto.

«Sì, il Vangelo dice che si è fermato a parlare con i maestri. Voleva sapere di più sulla sua religione. E faceva domande molto intelligenti». Luisa fa capire che Beppe non ha tutti i torti. «Però i suoi genitori erano molto preoccupati, visto che lo cercavano da tre giorni».

Genitori, che fatica!

«Se capitasse a me, mia madre morirebbe d’infarto», commenta Antonella.

«E la mia non mi lascerebbe più uscire per un anno!», aggiunge Tony.

«Però un po’ è stata colpa loro», giustifica Enrica. «Non si sono accorti di averlo perso di vista?».

Luisa spiega che all’epoca quell’età coincideva con la maggiore età; gli abitanti di Nazaret erano a Gerusalemme per la Pasqua, e Gesù poteva stare con loro o coi parenti. Stupisce di più la giustificazione di Gesù: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Una frase che i suoi genitori non capiscono.

«Neanche noi. Suo papà era lì davanti!», commenta Luca.

Dio al primo posto

«Forse sta parlando di Dio…». Veronica ha colto nel segno.

«Allora è questo il significato del racconto: Gesù, già a dodici anni, ha le idee chiare. Dio sarà sempre più importante di tutto», sintetizza Luisa.

«Anche dei suoi genitori?», si stupisce Antonella.

«Sì. E non sarà facile, anche per loro. Il Vangelo ci dice che Maria ha dovuto meditare a lungo per capirlo. Ma è normale: un giorno i genitori ci lasceranno liberi di trovare la nostra strada».

«A me qualche volta le loro idee stanno già strette», riflette Tony.

«I genitori sono il dono di Dio più grande e più bello per aprirci alla vita. Sarà sempre importante ascoltarli. Ma saranno orgogliosi di noi quando sapremo camminare da soli, verso le mete che abbiamo scelto, magari proprio sul loro esempio. Se Gesù ha scelto Dio, lo deve anche ai loro insegnamenti. E quante persone hanno avuto una vita migliore, proprio grazie a tutti e tre!».

PIERFORTUNATO RAIMONDO

 

PER L’APPROFONDIMENTO

□ Quanto conta l’educazione, in particolare quella religiosa, nelle scelte dei ragazzi d’oggi? Quanto è importante il «primo annuncio» per rinverdire il cristianesimo?

□ Gesù «ascolta e interroga» i maestri. Come far riscoprire ai ragazzi il gusto dell’apprendimento, la capacità di meravigliarsi, il senso religioso delle cose?

□ Le cose di Dio sono le più importanti della vita. Ne siamo convinti? Riusciamo a trasmetterlo con credibilità?

 

FOTO: Los Angeles. Un ragazzo ebreo dei nostri giorni nel giorno del Bar Mitzvah.

Famiglia: prima cattedra di teologia

La nascita della fede nei nostri bambini e ragazzi trova la sua vera sorgente nella famiglia. È vivendo con papà e mamma che si realizza la prima e la più efficace delle catechesi. Ma oggi non è sempre così.

La prima iniziazione alla fede

□ Nell’ultimo numero della rivista Evangelizzare Armando Matteo, che insegna Teologia fondamentale alla Pontificia Università Urbaniana, ha scritto che è scomparso quello che possiamo considerare il «catecumenato familiare», cioè «quella silenziosa ma efficace opera di testimonianza della famiglia» che nella nostra attività catechistica e pastorale normalmente presupponiamo. È così che di fatto viene meno «la prima iniziazione alla fede», che per consuetudine avveniva in casa, in dialogo con papà e mamma.

Una presenza-assenza

□ Armando Matteo sviluppa ampiamente questi argomenti nel suo volume L’adulto che ci manca (Cittadella 2014). Scrive tra l’altro che i nostri ragazzi e giovani, che vediamo lontani dalla fede, sono in realtà figli di adulti sempre più indifferenti alla fede cristiana, figli di genitori che non si curano di viverla personalmente, né di trasmetterla ai figli.

□ Genitori che continuano a chiedere i sacramenti della fede, ma senza fede nei sacramenti; che portano i figli in chiesa, ma non aiutano i figli a conoscerla; che magari «chiedono ai loro piccoli di pregare e di andare a Messa, ma di loro neppure l’ombra in chiesa». E in casa nessun gesto di preghiera, né accoglienza del Vangelo di Gesù.

Tra fede e vita

□ Si tratta di genitori che di fatto costruiscono in famiglia una separazione evidente tra le scelte di vita e quelle del credere: «una divergenza che, pur non negando direttamente Dio, avalla l’idea che la frequentazione della vita in parrocchia e all’oratorio e pure l’ora di religione sia un semplice passo obbligato per l’ingresso nella società degli adulti».

□ La più drammatica delle conseguenze, per dirla nel modo più semplice, è che «se Dio non è importante per mio padre e per mia madre, non lo può essere per me. Se mio padre e mia madre non pregano, la fede non c’entra con la vita. Se non c’è posto per Dio negli occhi di mio padre e di mia madre, non esiste proprio il problema del posto di Dio nella mia esistenza».

La fede, una faccenda per bambini

□ Ma «Se è vero che gli occhi dei genitori sono la prima mappa del mondo», dice Matteo, «è altrettanto vero che gli stessi occhi sono pure la prima cattedra di teologia». E facendo riferimento alla catechesi, Armando Matteo conclude amaramente dichiarandone l’inefficacia, se questa non trova riscontro nella pratica degli adulti, perché questa catechesi finisce per tramettere l’idea che «l’esperienza della fede è una cosa “da bambini” e finché si è bambini».

□ Sono considerazioni che ci convincono sempre di più dell’importanza esigente di continuare a organizzare la catechesi coinvolgendo i genitori in incontri specifici per loro. È questo il «tema del mese» di questo numero (Genitori, si parte!, alle pp. 22-29), destinato a immaginare e organizzare gli incontri con i genitori dei nostri ragazzi.

Umberto De Vanna

Dove sono i ragazzi di oggi?

Nel giugno scorso a Bari si è tenuto il convegno nazionale dei direttori degli uffici catechistici diocesani. In tre giorni di intensi discorsi e dibattiti, sotto i riflettori sono stati posti i ragazzi di oggi. Il loro identikit si è confermato ancora una volta difficile da descrivere, perché imprevedibili, sorprendenti, irrequieti, mutevoli, sfuggenti. Unici e fuori dagli schemi dei manuali di psicologia.

Non più bambini e non ancora adulti

□ I ragazzi di oggi sono abitanti in una «terra di mezzo», senza confini precisi. Non sono ancora adulti, ma nemmeno bambini, e rivelano atteggiamenti che oscillano volentieri tra gli uni e gli altri.

□ Fa discutere il loro modo di (non)pensare, di (non)impegnarsi a scuola, di (non)essere presenti in casa, di (non)andare a messa o a catechismo…

□ La verità di un dialogo difficile tra il loro mondo e quello degli adulti si è presentata in particolare l’ultima sera durante il vivace e simpatico confronto tra i partecipanti al convegno e i ragazzi, protagonisti di un originale musical.

□ Nel dialogo, a chi chiedeva che cosa si aspettano dagli adulti, uno di loro, un ragazzo con i capelli dal taglio speciale, quasi strappando il microfono dalle mani di un suo animatore, ha replicato a velocità ultrasonica: «Perché non avete ancora capito di cosa abbiamo bisogno noi?». Interrogativo inaspettato e spiazzante, anche perché indirizzato a insegnanti, preti, educatori, genitori… Tutta gente del mestiere. Un autentico pugno nello stomaco che, dopo lo stordimento iniziale, è servito a confermare la sensazione che non è furbo continuare a ripetere luoghi comuni e appiccicare facili etichette a questi nuovi ragazzi.

I ragazzi al centro

□ L’eco di quel «non avete capito» sembra essere stato assorbito nei punti finali consegnati come promemoria da portarsi a casa sulla base dei temi affrontati nei gruppi di lavoro: le emozioni, il corpo, i valori, il pensiero, la relazione, la creatività e lo spirito. Sono parole che hanno cercato di raccontare i ragazzi, ma soprattutto di ascoltarli. E l’ascolto, coniugato con il tempo e la presenza accanto a loro, d’ora in poi dovrà arrivare prima delle parole da dire, prima dei consigli e delle indicazioni.

– Ascoltarli per capire di cosa hanno bisogno. Ascoltarli non per imbonirli o per trattenerli in gruppo o in parrocchia, ma per dare loro voce e renderli protagonisti.

– Ascoltarli per accoglierli, così come si presentano con le loro debolezze e ricchezze, difetti e virtù. Ascoltarli per dimostrare che essi sono importanti, insostituibili nella vita di una famiglia, di un gruppo, di una parrocchia.

– Ascoltarli sul serio e non facendo finta. In una parola, rimettendo i ragazzi «al centro dell’attenzione» delle occupazioni (e non solo pre-occupazioni), del tempo e della vita di ogni adulto che si incontra con loro. Con qualche grammo di umiltà e di autoironia e con quintali di simpatia verso questi ragazzi, che ‒ nonostante i loro alti e bassi ‒ si confermano, a volte, migliori di quello che sembrano, se non addirittura migliori degli adulti che hanno.

Valerio Bocci

Direttore Generale Elledici

Il cuore dell’annuncio: la Parola di Dio

L’annuncio cristiano nasce dalla Parola di Dio. Un catechista la frequenta spesso, ne è innamorato e la presenta come un tesoro per la vita.

 

«La parola di Dio è una cosa che non è uguale a una parola umana, a una parola sapiente, a una parola scientifica, a una parola filosofica. La parola di Dio è Gesù stesso. Io consiglio tante volte di portare sempre con sé un piccolo Vangelo, tenerlo nella borsa, in tasca e leggerne durante la giornata un passo, non tanto per imparare qualcosa, ma soprattutto per trovare Gesù» (papa Francesco).

 

Bibbia e catechesi

□ La catechesi non può fare a meno della Bibbia. È la sua sorgente, il punto di partenza, la guida autorevole alla lettura della storia. Il Documento di base Il rinnovamento della catechesi scrive: «La Scrittura è il Libro, non un sussidio, fosse pure il primo» (n. 107).

□ La Bibbia è la voce di Dio, il suo modo di farsi presente nella nostra vita. «Nei libri sacri», scrive la Costituzione dogmatica Dei Verbum, al n. 21, «il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con essi».

□ Leggere la Bibbia è ascoltare Dio che ripete senza sosta: «Tu sei prezioso ai miei occhi, ti voglio bene, sono qui per te». Per questo è fonte di vita, e chi la ama non si stanca mai di ascoltarla.

 

I ragazzi e la Bibbia

□ Non dobbiamo sottovalutare i ragazzi. A loro piacciono le belle storie con un tocco di mistero. La Bibbia è complessa, ma non necessariamente complicata. È affascinante pensarla come una lettera inviata a ciascuno di noi.

□ Certamente non è facile leggerla: linguaggio antico, generi letterari variegati, serietà nei contenuti. Per questo è importante selezionare brani opportuni, esprimerli in modo vario e vivace.

□ La Bibbia è una miniera quasi infinita: il libro più diffuso al mondo continua a ispirare gli uomini da quasi duemila anni. Facciamo in modo che nei ragazzi rimanga il buon sapore dell’incontro con essa, oltre la memoria dei suoi contenuti. Non basterà una vita per accogliere tutto ciò che ha da dirci!

 

La Parola incarnata

□ Anni fa ebbe grande successo un libro di Michael Ende La storia infinita, da cui furono tratti film e videogiochi. In esso il protagonista, lettore di un libro, entrava nella storia mutandone il finale.

□ Chi incontra la Bibbia non ne muta il testo, ma diventa protagonista della storia. La Parola infatti va incarnata, cioè assolve il suo compito se incide sulla nostra vita concreta.

– □ È la storia della salvezza, iniziata dagli eventi biblici, che prosegue nella nostra vita di oggi, dove attraverso i testimoni e la liturgia, Dio continua a compiere meraviglie e a tracciare la nostra strada di seguaci di Cristo.

 

Le obiezioni possibili

□ «É un libro datato…». Ma il suo messaggio non è superato, proprio perché non sempre attuato dall’umanità. Il testo è stato tradotto anche in un linguaggio corrente ed è consultabile su supporti moderni, come tablet e i-phone.

□ «Come facciamo a sapere che è Parola di Dio?». Per noi è un dato di fede che ci consegna la Chiesa. Crediamo che sono ispirati dallo Spirito Santo quei testi ebraici e i racconti cristiani redatti nel primo secolo, quando erano ancora presenti i testimoni oculari.

□ «Siamo sicuri che i testi siano originali, veri?». Abbiamo una grande quantità di codici coincidenti; i frammenti più antichi del Nuovo Testamento risalgono al II secolo. Le versioni più antiche dei grandi della letteratura greca e latina spesso sono del Medioevo.

 

Il carrello delle idee

Un posto speciale

□ Diamo alla Bibbia il posto centrale. Nella stanza della catechesi è buona idea dedicare un angolo alla Parola. Un leggio, un cero, un fiore, un tappeto… comunicheranno l’importanza e la cura che vogliamo dedicarle.

 

Per ascoltare la Parola

□ Sono svariate le modalità d’ascolto della Parola: dalla lettura personale o comune, a quella dialogata, variando le voci dei personaggi e di un narratore; dal racconto alla drammatizzazione; da un canto alla sequenza di un film ispirati alla Bibbia.

□ Si può approfondire un brano biblico disegnando o colorandone le sequenze, rappresentandolo in un fumetto o in un teatrino. Per quest’ultimo si possono usare dei pupazzi di stoffa o di cartone, le ombre cinesi, o semplicemente personaggi di carta.

□ Basta un cono di carta alto 30 cm e aperto in alto, nel quale si infila capovolto un cono più piccolo, di circa 10 cm. Su quest’ultimo i ragazzi disegnano un volto, gli occhi, una bocca. Il personaggio è pronto in pochi istanti.

 

Per spiegare la Parola

□ Si parte dall’ascolto dei ragazzi: che cosa li ha colpiti, cosa è piaciuto, cosa hanno capito. Se ci sono parole difficili vanno spiegate.

□ La comprensione del testo può essere presentata come un gioco. Dei pennarelli colorati sottolineano luoghi, azioni, movimenti, personaggi e dialoghi.

□ Può essere utile dare indicazioni sulla vita in quel tempo e in quei luoghi. Così usare cartine e paesaggi, comunicare alcune date sicure.

□ Se ci sono illustrazioni del catechismo, della Bibbia, o altre della storia dell’arte, magari recuperate su Internet e proiettate, i ragazzi saranno aiutati a «vedere» la storia.

 

Per approfondire la Parola

□ Alcune tecniche ci possono aiutare. Ad esempio, raccontare lo stesso fatto dal punto di vista dei singoli personaggi, anche non protagonisti, o degli animali e oggetti presenti sulla scena (ad es. il Natale raccontato dall’asino e il bue, l’episodio dell’adultera raccontato dal punto di vista della terra sulla quale scrive Gesù).

□ Immaginare un possibile diverso finale, senza la presenza di Gesù; o le alternative possibili, per via di scelte diverse dei protagonisti.

□ Per attualizzare il brano, possiamo pensare a ciò che di simile succede oggi; o ragionare sull’insegnamento che può portare oggi nella nostra vita, cercando di essere pratici e concreti.

 

Per entrare nella Parola

□ Con i più grandi si può ragionare sul genere letterario a cui il brano appartiene, e inquadrarlo nel contesto del capitolo della Bibbia, notando ciò che avviene prima e ciò che avviene dopo.

□ In caso di dubbi e discussioni viene in soccorso il pensiero della Chiesa nella sua Tradizione.

□ L’antico metodo della Lectio è il punto di arrivo di qualsiasi percorso con la Bibbia. L’attenzione e la meditazione del testo biblico diventano contemplazione, colloquio con Dio e spinta all’azione, affinché la parola porti frutto.

PIERFORTUNATO RAIMONDO

Perdono e amore: è questo il Giubileo

L’amore ci ha messi al mondo, il perdono ci fa rinascere. Dobbiamo imparare a vivere insieme, accettarci, perdonarci.

 

Il perdono, un atto che rende liberi

Chiara Giaccardi, docente di sociologia e antropologia dei media dell’Università di Milano, il 25 maggio scorso ha lasciato per la Rai «Il pensiero del giorno». Ha detto: «Poco ama chi poco è stato perdonato. Così dice Gesù a chi lo rimprovera di lasciare che una donna ─ peccatrice per di più ─ gli asciughi i piedi bagnati di lacrime con i propri capelli». E si è chiesta: «Ma cos’è il perdono? Non certo una sanatoria, una mano di vernice su un muro imbrattato». Ma è «un atto di grande libertà, libertà dalla trappola della reazione, della vendetta, della durezza che prima di tutto indurisce chi la pratica».

 

Senza perdono non può esserci legame

«Senza perdono non può esserci legame», così ha aggiunto, perché «nel rapporto con l’altro incomprensioni e anche ferite sono inevitabili. Due strade allora: scegliere l’io e rinunciare al legame o scegliere il noi e perdonare. Un movimento eccedente che introduce novità, che dice che una realtà diversa è sempre possibile». E ancora: «Non c’è legame senza perdono… L’amore ci ha messi al mondo, il perdono ci fa rinascere… In questo movimento il perdono fa rinascere chi lo concede e chi lo riceve».

Chiara Giaccardi ha concluso ricordando ciò che raccomanda papa Francesco parlando del perdono: «Non dobbiamo stancarci di chiederlo. Perché Dio non si stanca mai di perdonare. Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia».

 

Amare «la gente» non è facile

Nella stessa rubrica il giorno dopo, il 26 maggio, è intervenuta la giornalista Nicoletta Tiliacos, che si è introdotta citando Linus, il famoso personaggio di Charles Schulz. Linus, in una delle battute più famose, dice: «Io amo l’umanità, è la gente che non sopporto». E ha commentato: «Si ride per l’apparente paradosso, ma poi si deve riconoscere che in quel paradosso c’è molta verità. Umanità è l’idea di una appartenenza comune; umanità è il richiamo al succedersi delle generazioni e alla condivisione di un unico destino. Idee nobili… ma che possono essere molto astratte e tutto sommato molto comode». Ha proseguito dicendo che la gente invece: «è quella che incontriamo uscendo di casa, sull’autobus… che condivide, sia pure momentaneamente, il nostro stesso spazio vitale, nel bene e nel male». Dalla gente, ha aggiunto, «sentiamo di doverci spesso difendere». E ha concluso: «Far coincidere nella percezione l’umanità e la gente è un esercizio difficile e a volte proprio non riesce, ma vale sempre la pena di provarci».

 

Un Giubileo che coinvolge tutti

Due interventi pubblici che arrivano al cuore del «Giubileo della Misericordia», che comincia l’8 dicembre. «In mille forme di perdono e d’amor rinascerai», dice un verso di Ada Negri citato da Chiara Giaccardi. Amore e perdono che possono render vero questo Giubileo. Un Giubileo che le considerazioni della Giaccardi e della Tiliacos ci assicurano che potrebbe coinvolgere tutti.

UMBERTO DE VANNA

Con la gioia negli occhi e nel cuore

Per entrare nella vita e nella catechesi con uno spirito grande, ci rifacciamo questa volta alle parole di una giovane ebrea che ha chiuso i suoi giorni a soli 29 anni in un campo di sterminio.

Il Diario di Etty Hillesum

□ Etty Hillesum è certamente una delle figure più luminose del secolo scorso. Nata in Olanda, è stata vittima dell’occupazione nazista e ha concluso la sua breve vita nel 1943 a 29 anni nel campo di sterminio di Auschwitz. Il suo Diario, pubblicato solo nel 1981, rivela la sua personalità, il suo amore alla vita, testimonia il suo stato d’animo sempre portato a vedere gli aspetti positivi di ogni situazione, anche la più dolorosa e tragica, vivendo sempre in stretta comunione con il suo Dio, così vicino al Dio cristiano.

□ Rileggendo questo Diario a poco più di cento anni dalla sua nascita (1914) ci si imbatte in pensieri che hanno dello straordinario e che possono dare anche a noi catechisti la disposizione più favorevole per affrontare le inevitabili consuete difficoltà con un atteggiamento non troppo pauroso, di chi si scoraggia alle prime avversità, ma che sa organizzarsi ed accogliere ogni nuova sfida con un’apertura dell’animo grande.

Donare anche agli altri la forza della vita

□ Scrive Etty nel suo Diario: «Tempo fa, Hans de Puis, sulle scale dell’università, mi ha detto: “Sì, sei proprio una personalità radiosa”. E io credo che potrei esserlo e che potrei donare anche agli altri un po’ di forza nella vita e che potrei davvero essere felice. Perché questo è un punto di arrivo: essere davvero, intimamente felice, accettare e gustare il mondo di Dio senza allontanarmi dal tanto dolore che c’è».

□ Che dire di più e meglio? È questo il modo giusto di incontrare e accogliere i ragazzi e i loro genitori. Il catechista è una persona felice che si dona e si rende disponibile a starti accanto.

Esserci con tutto il cuore

□ Un altro pensiero, scritto nel 1942, a pochi mesi dalla fine: «Quest’oggi ho imparato una cosa fondamentale: dove per caso ci si trova collocati, là si deve esserci con tutto il cuore. Quando si ha il cuore da un’altra parte, non si riesce a dare abbastanza alla comunità nella quale per caso ci troviamo, e la comunità, di conseguenza, s’impoverirà».

□ Così è nella catechesi, a cui non ci si può dare in punta di piedi, provvisoriamente, con il desiderio di fare altro il più presto possibile. Mentre si deve sentire profonda l’appartenenza, comprendere l’utilità del nostro servizio ai ragazzi e alle famiglie, felici di percorrere insieme a loro lo stesso cammino.

Far crescere l’altro

□ Scrive ancora Etty Hillesum nel suo Diario: «L’altro, portarlo con sé sempre e ovunque, racchiuso in se stessi, e là vivere con lui. E non solo con uno, ma con tanti. L’altro, accoglierlo nello spazio interiore e lasciare che lì raggiunga la fioritura, dargli un luogo nel quale possa crescere e dispiegare se stesso».

□ È questo il senso di una catechesi che funziona: aiutare i ragazzi a crescere fino a raggiungere una magnifica «fioritura», finché non si realizzi il miracolo di vederli avviati davvero a una bella vita cristiana.

UMBERTO DE VANNA