Al veder la stella…

È la gioia, una grandissima gioia, che conclude il cammino dei Magi, cercatori coraggiosi di Dio nei segni misteriosi del creato. Erano partiti con entusiasmo ma poi la fatica si era fatta sentire. Non è facile seguire una stella: le stelle si vedono di notte, a condizione che le luci non inquinino il cielo.

I Magi e le nostre notti

Quando camminavano i Magi? Forse, di notte, per seguire la stella visibile e sicura ma con tutti i rischi – briganti e inciampi – compresi nel prezzo. Forse di giorno, quando si vede dove mettere i piedi ma non si vedono più le stelle.
Ecco l’assurdo di chi cammina fissando gli occhi alle stelle, ecco il rischio della fede.
Per questo fatichiamo nella missione di catechisti.
Indichiamo le stelle a quei pochi che hanno il coraggio di seguirci in notti sempre più illuminate dalle luci artificiali, disposte ad arte in un mondo che gira intorno ai soldi, al successo…
Parliamo del luccichio delle stelle a persone abbagliate dalle luci a led, ipnotizzate dalle musiche e dai colori di Natali sempre uguali, che hanno sempre meno da dire. Così le stelle non si vedono, il cammino si riempie di dubbi e la gioia scompare.

Natale in famiglia

C’è la stella nella nostra copertina, e scintilla in una famiglia attiva e creativa. Di sicuro c’è anche la gioia, quella fatta di cose semplici, come semplice è ciò che ha fatto Gesù per mettere la sua tenda tra gli uomini, come semplici erano Maria e Giuseppe, i pastori che sono stati chiamati nella notte e le persone che hanno udito il primo annuncio di gloria e di pace.
Come semplici sono le proposte di questo numero, che spero accogliate con gioia, insieme ai nostri migliori auguri.

Per vivere il Natale a catechismo e in parrocchia

C’è il poster dedicato all’Avvento e al Natale, da usare in abbinamento all’inserto – si sospende per un attimo il percorso formativo per i genitori non per lasciarli in pace, ma per renderli ancora più attivi –, e ci sono tante porte da aprire magari alla sera, in un piccolo momento di riflessione.
C’è la veglia di preghiera in preparazione alla messa della Notte di Natale e la storia della canzone Stille Nacht. E ci sono le vostre esperienze e realizzazioni: quanto di più semplice e prezioso abbiamo.
Buona stella a tutti.

                       Valter Rossi

La copertina – Settembre 2018

Quando ricominciare è bello

Simpatico questo giovane parroco in bicicletta, che inizia con freschezza gli incontri di catechismo. Lo seguono pieni di entusiasmo la catechista e i ragazzi. Il nostro augurio è che per tutti sia davvero così, che l’intesa nella comunità parrocchiale sia ottima e che i ragazzi siano così felici di iniziare gli incontri.

Le copertine di quest’anno

• L’illustrazione di copertina è opera di un brillante disegnatore, Francesco Rizzato. Sarà lui a realizzarla quest’anno per Dossier Catechista. Ha presentato l’inizio dell’anno catechistico in modo spigliato e con tanto ottimismo.
• Sappiamo che non è sempre così: qualche volta gli inizi sono faticosi, non è facile ogni anno completare l’organico dei catechisti, e spesso i ragazzi vedono l’inizio del catechismo come un impegno in più.

Il parroco e la chiesa

• Nell’illustrazione il parroco è in primo piano, la chiesa e il campanile sullo sfondo. È lui infatti che convoca, dà il via alla catechesi, sceglie i catechisti e conferisce il mandato. È giovane, ma l’età è solo un numero: ciò che conta di più è lo spirito che lo anima!
• A volte il parroco, preso da mille cose, delega volentieri. Eppure è lui il perno della catechesi e molto di ciò che sarà fatto dipenderà dal suo interessamento e dall’incoraggiamento che saprà dare a tutti e a tutto.

Per la formazione e la spiritualità del catechista

• I catechisti trovano nel parroco una guida sicura nei momenti di difficoltà, un promotore di nuove iniziative, una spalla di sostegno
in ogni circostanza.
• C’è soprattutto un aspetto della formazione del catechista che solo il prete è in grado di garantire: è la maturazione spirituale, la crescita nella fede di cui il catechista, come ogni cristiano, ha bisogno per camminare nella vita e nel suo impegno tra i ragazzi.

Nel gruppo dei catechisti

• Davanti a questa copertina, iniziando gli incontri con i ragazzi, ritroviamoci tra catechisti, osserviamo con attenzione l’immagine e domandiamoci:

– Siamo d’accordo con ciò che esprime questa illustrazione? Sentiamo la gioia di ricominciare? Come accogliere i ragazzi e rendere anche loro felici di riprendere o iniziare il catechismo?
– Quali difficoltà ci aspettiamo? Quali sono state finora le nostre
esperienze più riuscite per coinvolgere nella vita della parrocchia?
– Qual è il nostro rapporto, personale e di gruppo, con il «don»
della nostra parrocchia?
– Incontrando i ragazzi siamo preoccupati di far capire in modo vivo che fanno parte di una comunità allargata, che è quella parrocchiale?

Gianni Frigerio

Una grande famiglia

Eccomi qua ad affacciarmi “timidamente” sulla prima pagina di una rivista così bella, ricca e importante per prendere un testimone che sembra pesante, carico di storia e responsabilità, ma che credo più lieve perché condiviso da molte persone.

 

Rinnovarci nella continuità

La mia responsabilità però è condivisa anzitutto da don Umberto, che fa un passo indietro, ma non per scomparire e che ringrazio per la collaborazione, il lavoro e i consigli che continueranno. Poi, sarà partecipato con i vice direttori e il consiglio di direzione che sono garanzia di fedeltà e legame con la linea editoriale della rivista, e insieme a loro anche con tutti i collaboratori che assicurano solidità di contenuti e qualità della proposta, insieme a freschezza e fantasia, in un movimento di rinnovamento continuo. Per rispondere in modo significativo alle esigenze sempre nuove della catechesi e alle sfide che ogni giorno ci si presentano dinnanzi.

 

Cari parroci e catechisti

Voi che condividete con noi le gioie e le fatiche di offrire alle nuove generazioni il messaggio sempre attuale di Gesù, non pensiate che anche a voi non tocchi un po’ del peso e dell’onore ti portare questo testimone che mi è stato affidato. Il vostro contributo, le esperienze di successo e le cadute da cui ci si è rialzati, gli incontri e gli scontri, la vita dei gruppi e i sogni, tutto – condiviso – è importante per me. Continuate con la stessa passione e affetto a far parte della nostra famiglia.

 

In dialogo con le famiglie

La famiglia, mistero d’amore e comunione, luogo naturale della comunicazione della fede, è sempre più al centro delle nostre attenzioni e cure. Proprio la famiglia sarà quest’anno l’oggetto di sei inserti. Pensati per instaurare con i genitori un dialogo sereno e sincero e per iniziare anche con loro un cammino ricco e sereno.

Si riparte, insieme. Ci si mette in cammino, tutti. Si guarda lontano, con coraggio.

Nella rivista troverete la ricchezza di sempre e qualche novità, un sommario “ragionato”, qualche ritocco nella grafica, nuove proposte per il dopo-Cresima e la mistagogia.

Noi siamo carichi e voi avete voglia di ripartire?

 

Valter Rossi

Valter Rossi, nuovo direttore

Cambio di direzione a Dossier Catechista. Da settembre assume la direzione della rivista il salesiano novarese don Valter Rossi.

 

Dossier Catechista, nata nel 1983 come supplemento della storica rivista Catechesi per iniziativa di don Pietro Damu, allora segretario del Centro Catechistico Salesiano dell’editrice Elledici, nei suoi 35 anni di vita si è conquistato un posto importante nella Chiesa italiana a servizio della catechesi.

A dirigerla dal prossimo numero di settembre 2018 sarà il salesiano don Valter Rossi. Il nuovo direttore succede a don Umberto De Vanna, che ha diretto Dossier Catechista dal 2005 ad oggi, garantendo una linea editoriale in continuità con chi l’ha portata a diventare la più diffusa rivista catechistica d’Italia e oltre. La nuova direzione garantirà sicuramente la continuità con il passato, pur muovendosi su nuove sensibilità e strategie per migliorare ulteriormente il suo servizio.

La Elledici ringrazia calorosamente don Umberto De Vanna per l’efficace lavoro svolto in Dossier Catechista e per i numerosi sussidi pubblicati per i giovani e i catechisti. Nei suoi 13 anni di direzione ha dato notevole sviluppo alla rivista che è diventata un indispensabile sussidio per la formazione dei catechisti, per il coinvolgimento delle famiglie nella catechesi di iniziazione cristiana dei ragazzi e per sostenere i parroci nel loro impegnativo compito di animazione. Naturalmente la linea editoriale proseguirà con la stessa sensibilità e qualità per l’educazione alla fede espressa finora da don Umberto, coniugata con altrettanta passione e originalità da don Valter Rossi, sempre a servizio della catechesi e della nostra editrice.

Ringraziamo don Valter per aver accettato di dirigere il nostro mensile di maggior successo, nella certezza che con la collaborazione del suo nutrito e qualificato gruppo redazionale continuerà a mantenere alta la qualità di Dossier Catechista a servizio della Chiesa in Italia.

Don Valter Rossi, salesiano di Don Bosco, è nato a Borgomanero in provincia di Novara nel 1964. È salesiano dal 1984 ed è stato ordinato sacerdote nel 1994, dopo aver completato gli studi presso l’Università Salesiana di Torino. Giornalista dal 2012, attualmente dirige per conto della Elledici anche le riviste giovanili Mondo Erre e Dimensioni Nuove. Oltre ad aver prodotto numerosi sussidi per gli incontri e la formazione dei ragazzi.

La Elledici, fondata dai Salesiani di Don Bosco oltre 70 anni fa, prosegue nella sua produzione qualificata soprattutto nel settore della catechesi e nel servizio pastorale alle parrocchie. Forte della sua esperienza, affiancherà don Valter Rossi nel suo nuovo impegno, formulandogli i migliori auguri di fecondi risultati.

Don Valerio Bocci

In missione tra i ragazzi

«La catechesi non è un “lavoro” o un compito esterno alla persona del catechista, ma si “è” catechisti e tutta la vita gira attorno a questa missione». È quel che ha detto papa Francesco ai catecheti riuniti per il Primo Simposio internazionale sulla catechesi che si è tenuto a Buenos Aires nel luglio scorso.

 

Con i giovanissimi

□ È sempre più difficile il nostro ministero a servizio dei più giovani, plasmati come sono da un ambiente culturale e sociale che non li rende disponibili e aperti alle proposte catechistiche.

□ È difficile stare con loro senza demonizzare o rifiutare tutto ciò che vivono, cercando nello stesso tempo di dare spazio anche ai nostri valori e a una visione della vita illuminata dal Vangelo.

 

L’atteggiamenti da assumere

□ Una missione difficile: ma come comportarci in concreto? L’atteggiamento dovrebbe essere quello del missionario, di chi sa che deve conquistarsi tutto, dalla accettazione della propria persona, alla sintonia educativa. Ben convinti di essere utili quanto più loro non ne sentono il bisogno o non lo desiderano. Sapendo che tutto ciò che riusciamo a trasmettere, nel gioco della loro libertà, può lasciare un segno positivo.

 

Più concretamente

□ Di qui il dovere di qualificarci, di formarci un bel carattere, accogliente e aperto, evitando di diventare aggressivi, polemici, amari quando ci sfuggono e non rispondono a ciò che facciamo per loro.

□ Senza dichiarare troppo in fretta bancarotta e pensarci falliti, chiuderci in noi stessi e limitarci all’ordinaria amministrazione, aspettando solo la fine dell’anno catechistico.

□ Si sa che il nostro compito è quello di seminare, mentre i risultati non dipendono da noi e non si vedono subito. Per questo rimaniamo sereni quando facciamo tutto ciò che ci è possibile davanti a Dio.

 

Con la famiglia

□ Un discorso a parte merita il dovere di intervenire anche sui genitori. Ricordiamolo, i ragazzi, pur con le loro piccole ribellioni, sono quasi sempre lo specchio della loro famiglia, del clima che respirano in casa.

□ E ricordiamolo sempre, la catechesi è molto spesso un momento favorevole per le giovani famiglie, che per il bene dei figli si rendono più facilmente disponibili. Se incontrano chi li accoglie in modo gradevole e magari sorprendente si lasciano coinvolgere.

Un sogno più grande

Mi è sempre piaciuto sognare e spaziare con la fantasia in grande. Vincere la paura di ciò che non si conosce e cercare di andare oltre.

Fino ai confini del mondo

Sono cresciuto ascoltando racconti di missionari partiti verso terre sconosciute per incontrare volti amici e per portare la parola di Gesù che si fa carne nei problemi dell’umanità.

Mi sono portato tra le cose più care la certezza che “un mondo migliore è possibile”, che “insieme si può” e che il Magnificat di Maria sia il più grande sogno che si realizza nella storia.

Per questo amo il mese di ottobre, al quale abbiamo dedicato la copertina di questo numero.

Una copertina e tanti particolari

C’è un gruppo di ragazzini con la loro catechista impegnati e attivi intorno a un mappamondo artisticamente avvolto dal crocifisso, dal segno della croce frutto di quel comando: «Andate e battezzate nel nome…». Ci sono le immagini di grandi missionari che hanno conquistato il mondo con la forza dell’amore. C’è il rosso del sangue dei martiri, il viola della sofferenza e il verde della speranza. Ci sono i bambini, tutti diversi e capaci di non vedere nelle differenze un limite ma una ricchezza. Ci sono tanti libri, chiusi e uno solo aperto: la Parola di Dio. E c’è Maria, quasi nascosta dal volto della catechista (o al suo fianco). Presenza silenziosa, orante, che invita alla preghiera del rosario nel mese a lei dedicato.

Maria, la testimone credibile

Spero che il vostro primo appuntamento con i ragazzi che riprendono il cammino che li conduce  all’incontro con Gesù sia così: intenso e sereno, carico di ideali, aperto al mondo e raccolto intorno a Maria. Solo così potremo trasmettere quell’entusiasmo che dona costanza al nostro impegno e che ci rende testimoni credibili.

Come lo è stata lei, la ragazza che parte in fretta per portare aiuto, la serva umile, la beata dei secoli. Che proclama le grandi opere di Dio e la sua logica sconvolgente, che insegna a guardare il mondo con gli occhi stessi del suo creatore e che ci dice: «Fate quello che vi dirà».

 

                            Valter Rossi

Un’ora a settimana è troppo poco

«Molti vanno a catechismo un’ora a settimana e tutto finisce lì. E io mi chiedo: se è considerato normale far fare sport tre volte a settimana per irrobustire il fisico, perché non si dedica la stessa cura anche alla sua crescita spirituale?». Lo dice l’attore Massimiliano Ossini.

 

Per la prima Comunione

Massimiliano Ossini è il conduttore di «Mezzogiorno in famiglia» per Rai2.  Intervistato su Famiglia Cristiana da Eugenio Arcidiacono, parla del figlio Giovanni che va a catechismo per prepararsi a ricevere la prima Comunione. «A catechismo va volentieri?», domanda il giornalista. «Non tanto, a differenza delle sorelle che da questo punto di vista sono avvantaggiate perché vanno a scuola dalle suore».

 

Anche a scuola

«Ma non è un problema del catechismo», continua Ossini: «anche a scuola Giovanni fa fatica a star seduto ad ascoltare qualcuno che parla». È forse proprio questo il problema, tanti bambini vivono il catechismo come se fosse una lezione scolastica, commenta l’intervistatore: tante cose da imparare, ma non la gioia dell’incontro con Gesù… «Sì, è vero. Se un bambino torna a casa e non ti sa dire ciò di cui si è parlato ma ti confida che si è annoiato per tutto il tempo, c’è qualcosa che non va. Ma non credo sia solo un problema di formazione dei catechisti che tra l’altro, nel nostro caso, sono gli stessi per tutti i miei figli».

 

Un’ora a settimana e tutto finisce lì

Prosegue papà Ossini: «Da piccolo io andavo a catechismo, frequentavo l’oratorio, facevo lo scout e la domenica andavo a Messa. Incontravo più volte gli stessi adulti e gli stessi bambini, con cui condividevo dubbi e curiosità. Oggi invece molti vanno a catechismo un’ora a settimana e tutto finisce lì. E io mi chiedo: se è considerato normale far fare sport a un bambino anche tre volte a settimana per irrobustire il suo fisico, perché non si dedica la stessa cura anche alla sua crescita spirituale? In palestra vedi i muscoli crescere… ma se non “alleni” pure lo spirito è difficile che un bambino si soffermi a riflettere sul suo posto nel mondo e sul senso della vita. Per questo sono convinto che sia necessario andare a catechismo anche tre volte, coinvolgendo magari di più i genitori».

Singolare e preziosa questa testimonianza di un protagonista della tv. Abbiamo tanto da imparare. Soprattutto per fare di quell’ora dell’incontro catechistico qualcosa di speciale.

Umberto De Vanna

40 giorni a Pasqua

La nostra Quaresima: 40 giorni speciali per preparare e vivere la Pasqua e il tempo pasquale. Aiutiamo i ragazzi e le loro famiglie a viverli bene.

Il poster allegato

• Il poster, insieme al tema del mese, è il pezzo forte di questo numero. Vi trovate il commento a tutte le domeniche di Quaresima dell’anno «B», con il suggerimento di alcune attività. I testi sono destinati ai catechisti, che dovranno mediare nell’incontro con i ragazzi.

• L’immagine grande proposta va collocata nella sala del catechismo, ma anche all’ingresso della chiesa parrocchiale: un’immagine parla spesso più di mille parole.

 

Il tema del mese-ragazzi

• Si tratta di otto pagine sulla Quaresima e la Pasqua. Pagine suggestive e ricche di spunti da offrire ai ragazzi. Ci sono delle immagini con una scritta quaresimale che potete passare con whatsapp alle famiglie, una striscia alla settimana.

• Ci sono dei fumetti a strisce sulle domeniche di Quaresima che potrete ritagliare a dare ai ragazzi, una per settimana.

• Apprezzerete sicuramente le illustrazioni e le pagine dedicate a Giuda e alle tematiche pasquali (Pasqua, Ascensione, Pentecoste).

 

Il video «Strade verso la Pasqua»

• Anche il tema del mese-ragazzi di questo numero è accompagnato da un breve video, che potrà aiutare i ragazzi a entrare nelle tematiche della Quaresima e della Pasqua. È uno strumento semplice, ma didattico, che nelle mani dei catechisti può diventare molto efficace. Un video è sempre un’alternativa gradita. Gli abbonati lo trovano scaricabile nel sito (www.dossiercatechista.it).

 

È domenica, ragazzi!

• La rubrica accompagna l’anno liturgico con commenti, spiegazioni delle parole difficili, il racconto, la preghiera.

• In questo numero sono presenti la 5ª e 6ª domenica del Tempo ordinario e le prime due domeniche di Quaresima; le altre domeniche di Quaresima saranno pubblicate nel prossimo numero.

• Le immagini le trovate scaricabili nel sito.

 

Una triplice proposta: digiuno, condivisione e preghiera

• Alle pagine 18-21 alcune riflessioni sul significato della Quaresima.

• Testi e idee semplici da passare ai ragazzi. Ma anche una triplice riflessione sul significato attuale del digiuno, della condivisione e della preghiera e su come viverli in Quaresima a misura di ragazzi.

Umberto De Vanna

Fratelli ma divisi

«Padre, fa’ che coloro che crederanno in me siano una cosa sola»: così ha pregato Gesù nelle ore più drammatiche della sua vita. In realtà la storia della Chiesa è segnata da profonde divisioni in nome dello stesso Vangelo.

 

«Barbèt, barbèt!»

Carlo Carretto ricorda così un episodio della sua fanciullezza: «Avevo otto anni. Vivevo in un villaggio all’ombra di un antico campanile. Un giorno venne un uomo a vendere libri, passando di casa in casa. Non capivo molto allora, ma fu la prima volta ch’io intesi la parola “Bibbia”. Si produsse nel villaggio un’agitazione strana. Prima nelle donne, poi in tutti; chi per zelo, chi per rispetto umano. Si sentirono nell’aria grida isteriche d’una donna. Da una finestra gridava: “Barbèt, barbèt(nomignolo con cui in Piemonte vengono chiamati i protestanti valdesi), non abbiamo bisogno della tua religione. Va’ via di qui”. L’agitazione raggiunse i ragazzi. L’uomo camminava in mezzo alla strada, pallido. Aveva i libri in una grande borsa scura, pesante. Una donna gli tirò dietro un libro che aveva avuto poco prima. L’uomo si abbassò a raccoglierlo senza voltarsi. Una pietra scagliata da un ragazzo lo colpì alla schiena. Accelerò il passo, seguito dai ragazzi a distanza. Ciascuno aveva in mano una pietra. Tra quei ragazzi c’ero anch’io. La sera, alla benedizione eucaristica del mese mariano, il parroco ci lodò perché avevamo difeso la trincea della parrocchia».

 

Non abbiamo nulla da dirci

«Se qualche secolo fa qualcuno ha litigato a nome nostro, perché dovremmo farlo anche noi?». Il giovane prete si sforza di far capire a un gruppetto di protestanti la sua intenzione. Con i giovani del suo oratorio ha pensato di incontrare qualche cristiano di altre confessioni per pregare insieme nella Settimana per l’unità dei cristiani. Ha detto: «Non vogliamo insegnarvi niente, chiediamo solo di condividere la preghiera, guardarci in faccia, non ignorarci». Quei protestanti lo osservano con curiosità, anche per la disinvoltura dimostrata nell’essere andato a cercarli a casa loro. Ma proprio quando qualcuno dà i primi segni di approvazione, arriva il vecchio «pastore», responsabile della comunità, ascolta il prete e i giovani con gli occhi di chi è abituato a una antica diffidenza, e taglia corto: «Non abbiamo niente da dirci. Per pregare insieme bisognerebbe prima che cambiassero tante cose». L’episodio risale a qualche anno fa, oggi non è più così e i «fratelli separati» si ritrovano a pregare insieme in molte circostanze. Tante diffidenze sono ormai cadute, anche se il cammino verso l’unità appare ancora lontano.

 

Questa riconciliazione la vogliamo subito

A Taizé, una comunità dove i giovani di ogni confessione si ritrovano e i monaci non sono solo cattolici, la fraternità e l’unità tra cristiani sono di casa. E risuona sempre forte il desiderio del fondatore Roger Schutz, che diceva: «Alcuni affermano: dato che da secoli siamo separati, ci vorranno secoli perché si realizzi l’unità in una sola Chiesa. Ma possiamo dire di vivere il Vangelo ritardando così l’unità della comunità dei battezzati? Noi siamo le vittime di un divorzio vecchio di quattro secoli e mezzo. Questa riconciliazione noi la vogliamo subito».

 

Una unità difficile

Nella Chiesa la divisione è presente da molti secoli ed è una divisione sorta più per motivi culturali e contrasti umani, che per motivi di fede.

La prima grande divisione risale al 1054: una grande fetta di popolazione cristiana si staccò da Roma e dal Papa; era una questione di prestigio tra Roma e Costantinopoli, nuova capitale dell’impero romano. Ebbe così origine lo scisma d’oriente.

Nel 1521 la Chiesa subì una divisione ben più grave e dolorosa: nasceva il «mondo protestante» per opera del monaco Lutero. Fu uno scisma sproporzionato per la durezza dei contrasti e per le interferenze politiche. Da allora confessioni e sette senza numero, odi e lotte spietate, non del tutto scomparse ancora oggi, anche se le cause di ogni lotta sono sempre piuttosto complesse, così come furono complesse le cause delle divisioni iniziali.

 

Cercare ciò che ci unisce

I gruppi di studio che si ritrovano per proporsi la riconciliazione sottolineano le difficoltà esistenti, ma anche ciò che già abbiamo sulla stessa linea teologica e pratica da cui si può partire per camminare insieme. Ci sono molte cose che abbiamo in comune e sulle quali non ci sono mai state divergenze, soprattutto la stessa fede in Cristo e l’attaccamento alla Parola di Dio. Dobbiamo costruire partendo da qui. «Facciamo insieme ciò che ci unisce ─ si legge in uno dei messaggi inviati a tutte le Chiese ─; testimoniamo il Vangelo nel mondo intero e con tutte le nostre forze. Più ci impegneremo a conoscerci reciprocamente, più sarà facile la riconciliazione». Ma anche: «Se non esiste pace tra le Chiese», dice un vescovo luterano, «non possiamo pretendere di parlare in modo convincente al mondo».

Stefano Torrisi

 

Tra le Chiese una volta all’anno preghiamo insieme in occasione della Settimana di preghiera per l’Unità (18-25 gennaio). Ma a gennaio andiamo a rivedere con i ragazzi il poster «Una sola Chiesa» (La Croce di Lund), completiamo le schede, osserviamo tutti i simboli. Dice papa Francesco: «Andiamo avanti nel nostro cammino di riconciliazione e di dialogo verso un avvenire nuovo, in cui le divisioni si potranno superare e i cristiani saranno pienamente e visibilmente uniti».

Gesti di solidarietà e di amore

Come ha fatto Dio, anche noi a Natale facciamo scelte speciali, a volte imprevedibili e coraggiose, per far vincere la bontà.

 

Ciò che ha fatto Dio

Benedetto XVI ricordava che lo scrittore russo Leone Tolstoj in un breve racconto narra di un sovrano severo che chiese ai suoi sacerdoti e sapienti di mostrargli Dio affinché egli potesse vederlo. Ma i sapienti non furono in grado di appagare questo suo desiderio.

Allora un pastore, che stava giusto tornando dai campi, si offrì di assumere il compito dei sacerdoti e dei sapienti. Ma poi disse al re che i suoi occhi non erano sufficienti per vedere Dio. Il re allora volle almeno sapere che cosa faceva Dio. «Per poter rispondere a questa tua domanda – disse il pastore al sovrano – dobbiamo scambiare i vestiti». Con esitazione, spinto tuttavia dalla curiosità per l’informazione attesa, il sovrano acconsentì; consegnò i suoi vestiti regali al pastore e si fece rivestire del semplice abito dell’uomo povero. Ed ecco allora arrivare la risposta: «Questo è ciò che Dio ha fatto».

 

Uomo come noi

È esattamente quel che ha fatto Gesù: il Figlio di Dio ha lasciato il suo splendore divino per rivestire la nostra carne. Spogliò realmente se stesso e assunse la condizione di servo, divenendo simile agli uomini (cf Fil 2,6ss).

Sull’umanità di Gesù ha parole molto belle Juan Arias in una sua preghiera: «Il mio Dio è fragile. È della mia razza. E io sono della sua. Il mio Dio conosce la gioia umana, l’amicizia. Le cose belle della terra. Il mio Dio ha avuto fame, ha sognato, ha conosciuto la fatica. Il mio Dio ha tremato davanti alla morte. Il mio Dio ha conosciuto la tenerezza di una mamma».

 

Amore inventivo

Il gesto di bontà infinita compiuto da Gesù nei nostri confronti spinge alcuni a gesti coraggiosi. Un commerciante confida a un suo cliente: «Nel corso dell’anno rinuncio a tutti gli omaggi che la mia ditta fornitrice mi propone (dagli orologi di lusso, ai viaggi all’estero) e alla fine dell’anno questa ditta destina il 3 per cento del fatturato a opere di solidarietà. Di anno in anno viene in soccorso in modo straordinario a un’associazione solidale e ce ne informa in dettaglio».

Se la prima reazione può essere di stupore, sono però gesti come questo che ci dicono che c’è ancora chi sa essere solidale e sa rinunciare a qualcosa per compiere gesti di solidarietà e di amore. Almeno a Natale.